La spedizione dei Mille è un passaggio obbligato per capire la storia dello Stato unitario italiano, e molti ritengono che abbia avuto la sua influenza su fenomeni come il brigantaggio, lo squilibrio nord-sud e la cosiddetta "Questione meridionale".
Molti ritengono che la spedizione dei Mille sia stata narrata in modo "agiografico", dalla storiografia tradizionale. Ciò, in particolare, a fronte della damnatio memoriae che toccò alla dinastia borbonica e al brigantaggio che arrivò ad impegnare fino a 140.000 soldati del nuovo Regno d'Italia[1]: nell'iconografia tradizionale, la discussa figura di Garibaldi assume facilmente le sembianze dell'eroe che combatte e vince contro un esercito ben più numeroso, mentre i tanti “briganti” che in seguito combatterono contro un ben più organizzato esercito piemontese ebbero il torto di essere perdenti. Insomma il mito di Garibaldi sarebbe stato funzionale agli assetti di potere vincenti.
Lo storico inglese Mack Smith ne "I re d'Italia", con riferimento al periodo storico che comincia dall'unità d'Italia (1861) scrive: "La documentazione di cui disponiamo è tendenziosa e comunque inadeguata. ... gli storici hanno dovuto essere reticenti e, in alcuni casi, restare soggetti a censura o imporsi un'autocensura"[2]. Critici di simile prestigio sostengono che ancora oggi, a 150 anni di distanza da quegli avvenimenti, regna una cortina fumogena di disinformazione e negazione.
Dibattito politico [modifica]
La principale linea di dibattito è rappresentata dal ruolo dei garibaldini come puntelli delle strutture sociali arretrate che caratterizzavano il Regno delle Due Sicilie, emblematicamente rappresentate dal baronato.
La maggior parte dei latifondisti del Meridione non opposero alcuna resistenza attiva all'impresa dei Mille, una volta verificato che la struttura esistente della proprietà terriera non veniva toccata. Come sintetizzato dalla famosa frase del romanzo Il gattopardo: "Tutto deve cambiare affinché non cambi niente". Alcuni contadini siciliani si unirono invece alla spedizione contando in una distribuzione di terre demaniali a chi le lavorava. Le tragiche conseguenze si videro quando il generale Nino Bixio ebbe l'ordine di reprimere nel sangue la pretese dei contadini, con un esempio particolare alla strage di Bronte il 4 agosto 1860. Certamente, la mancata redistribuzione della terra costituì una delle tante ragioni alla base del cosiddetto brigantaggio che di fatto va inquadrato come una guerra civile di resistenza partigiana e non come un banale fenomeno delinquenziale.
Al 'tradimento' dei nobili, viene associato il tradimento degli ufficiali. Non è chiaro l'intreccio tra Cavour, inglesi e esercito borbonico, ma è certo che interi reparti rinunciarono a combattere, benché buona parte dell'armata di terra abbia servito il proprio sovrano fino all'ultima battaglia.
Una questione concerne i vantaggi che lo stato sabaudo, con le sue finanze disastrate dalle numerose campagne militari, avrebbe ricevuto dalla floridità economica del Regno delle due Sicilie: taluni sostengono che la conquista del Regno delle due Sicilie sia stata 'economicamente provvidenziale'. Una tesi sostenuta da una vasta letteratura, con argomenti documentali e materiali, dei quali il più spesso citato è la costruzione della prima ferrovia in Italia: la Napoli-Portici.
La questione dell'appoggio inglese [modifica]
Un'altra linea concerne l'appoggio del governo britannico alla spedizione.
Esso viene motivato da molti studiosi (tra cui Lorenzo Del Boca[3]) con la necessità di spuntare condizioni economiche migliori per lo zolfo di produzione siciliana, di cui le navi a vapore inglesi facevano largo consumo. Lo zolfo era un elemento essenziale nella lavorazione dell'acciaio, oltre ad essere un additivo del carbone combustibile, ed era un protagonista collegato alla Seconda Rivoluzione Industriale, del carbone e dell'acciaio.
Alcune navi da guerra di Lord Palmerston incrociavano il largo di Marsala, il giorno dello sbarco dei Mille. Lo sbarco si sarebbe risolto in un disastro "alla Pisacane" se, ancorati ai bassi fondali davanti a quel porto, non si fossero trovati due vascelli inglesi, l’Argus e l’Intrepid.
Alcuni storici, basandosi su lettere e documenti di Cavour, sostengono che gran parte del comando dell'esercito borbonico fosse interessato a rimanere "reticente" nel contrastare i Mille nella loro avanzata. Parecchi ufficiali infatti avevano stretti legami con gli inglesi.
In generale queste osservazioni rispondono alla domanda di come mai abbiano potuto 1.000 armati irregolari, ancorché raggiunti da rinforzi, sgominare un esercito molto più numeroso, meglio armato ed addestrato che agiva dalle sue basi principali, in mezzo ad una popolazione amica.