mi servirebbero 10 punti!
Parafrasi
L’aria è limpida e fredda come una gemma, il sole è così luminoso che si ricercano con lo sguardo gli albicocchi in fiore, sentendo nel cuore l’odore amarognolo del biancospino. Ma l’albero del biancospino è secco, le piante scheletrite lasciano una traccia nera nel cielo sereno, il cielo è deserto, e il terreno sembra vuoto e sordo al piede che lo calpesta. Intorno c’è silenzio, soltanto grazie ai colpi di vento, si sente lontano un fragile cadere di foglie, proveniente dai giardini e dagli orti. È la fredda estate dei morti.
NELL'ANALISI DEL TESTO TI CONSIGLIO DI CAMBIARE UN PO' LE COSE ANCHE SE E' ABBASTANZA LUNGHETTA
Nella lirica Novembre, il Pascoli affronta, ancora una volta, il tema angosciante della morte.
La poesia si divide in tre strofe saffiche, divise in tre quartine, ciascuna formata da tre endecasillabi e un quinario.
Nella prima quartina, il Pascoli descrive una giornata serena, dall’apparenza primaverile.
L’aria quasi riluce sotto il “sole chiaro”, che ti invita a cercare con lo sguardo “gli albicocchi in fiore”, mentre l’odore del “prunalbo”, il biancospino, risulta “amaro”, ma non all’olfatto.
E’, infatti, il “cuore” a subire l’azione dell’ “odorino” pungente, aspro, che diventa, quindi, quasi un preludio alla malinconia delle strofe successive.
Difatti, nella seconda quartina, l’atmosfera quasi arcadica della prima si sfalda.
Ci accorgiamo che “secco è il pruno”, e le piante, invece, sono “stecchite”.
Persino il cielo, che ci era stato descritto come “gemmeo”, quindi terso, limpido, viene oscurato da questi rami che disegnano “nere trame” contro il suo azzurro.
Inoltre, l’aggettivo “stecchite”, richiama alla mente l’idea di una mano adunca che si protende verso il sereno, tentando di afferrarlo.
Uno scheletro, unico dipinto sul cielo “vuoto”, privo di vita, quasi fosse la mano della morte quella che si mostra sottoforma di ramo e cancelli ogni essere vivente attorno a sé.
”Cavo” è anche il terreno, contro cui batte il piede “sonante”.
Ulteriore richiamo alla vacuità della gioia, della serenità; potrebbe anche essere un accenno al luogo in cui è ambientato il componimento.
Tutto, infatti, può portare a pensare allo sfondo di un cimitero, in cui il Pascoli si aggira in occasione del mese di Novembre che è, appunto, il mese dei morti.
Il terreno cavo sotto i passi del poeta, può simboleggiare tanto il senso di solitudine, quanto il camminare su una tomba che, appunto, crea una cavità nel terreno.
La lirica prosegue nella terza ed ultima quartina, che si apre con l’immagine, se tale si può definire, del silenzio.
Il separarlo con un semplice segno di punteggiatura, la virgola, dal luogo in cui si propaga (“intorno”) questo non-suono, rende l’effetto della parola ancora più immediato.
Il silenzio circonda i presenti, non si ode alcun suono: solo quello del “cader fragile” di foglie, portato dal vento.
Tuttavia, questo lieve rumore, che richiama alla mente la caducità della vita, viene da lontano.
Per la precisione, da “giardini ed orti”, i cui semplici nomi evocano il paesaggio rigoglioso della prima strofa.
Ritorna il clima primaverile, vitale, ma esso è oscurato proprio dalla sua stessa presenza.
Le foglie degli orti e dei giardini non sono più verdi, non ci sono fiori.
Sono caduche, segno che l’autunno è ormai arrivato e che l’estate è finita e, con essa, anche la felicità e la speranza.
Il componimento si conclude con la collocazione temporale dello stesso: l’undici Novembre, conosciuto anche come l’estate di S. Martino, per le temperature ancora miti che presenta.
Tuttavia, l’estate è “fredda”, proprio come i morti che sono simbolo di quel mese, palesato dal titolo, ma che impregna, con la sua atmosfera gelida, tutta la poesia.
L’uso continuo di enjambement, allitterazioni (Es: “secco-stecchite-segnano-sereno” vs 5-6), sinsestesie, (“odi di foglie un cader fragile” vs 10-11, che mette in risalto l’impianto uditivo e tattile), ed ossimori (“estate fredda” vs 11-12), percorre tutta la poesia, mettendone in rilievo le parole chiave.
Il componimento si snoda in un continuo allacciarsi di odori, colori e sensazioni.
L’ “odorino amaro” del verso tre, crea un particolare contrasto tra il suffisso vezzeggiativo “-ino” e l’aggettivo “amaro”, mentre il “vuoto” del cielo, si collega al “cavo” del terreno, quasi a simboleggiare come l’elemento spirituale e quello materiale restino uniti e galleggino nella stessa assenza.
Perfino il “chiaro” del sole, sembra gelare l’aria ed entra, quindi, a far parte di quella simbologia pascoliana che, da sempre, richiama al freddo della morte.
”Novembre” è, di conseguenza, un inno alla giovinezza perduta, all’infanzia spezzata dalla tragedia familiare che ha colpito il poeta in giovane età.
Non vi è la presenza confortante del nido e della madre, come in “Il tuono” (“soave allora un canto/ s’udì di madre, e il moto di una culla.”), né della nebbia che nasconde la dolorosa realtà dietro il suo