Domanda:
aiuto mi potete dare delle definizioni chiare sulle parole: PROLETARIO, SPORTULA, LATIFONDO all'epoca romana?
suleisa
2009-10-24 11:36:07 UTC
aiuto mi potete dare delle definizioni chiare sulle parole: PROLETARIO, SPORTULA, LATIFONDO all'epoca romana?
Tre risposte:
Trifle♣
2009-10-24 11:49:20 UTC
Proletario: Nel diritto romano, cittadino privo del censo sufficiente per l'iscrizione in una delle cinque classi in cui era diviso il popolo.



Sportula: Anticamente, forma di compenso che il giudice aveva diritto di ricevere per il compimento di determinati atti;



Latifondo: Grande proprietà terriera.
SilverRing
2009-10-24 18:53:47 UTC
I proletari (o nullatenenti) erano coloro che come ricchezza non possedevano altro che i soli figli. Essi, inoltre, non potevano prestare servizio militare. Tuttavia, solo dalla fine del II secolo a.C. a seguito a una nuova riforma, anche i proletari poterono arruolarsi.



Il latifondista era colui che possedeva vaste aree territoriali (latifondo).
anonymous
2009-10-24 18:44:04 UTC
PROLETARIO:Il proletariato e i proletari (dal latino proletarii o capite censi[1]) costituiscono la classe sociale il cui ruolo, nel sistema di produzione capitalistico, è quello di prestare la propria forza lavoro dietro il compenso del salario.

Antica Roma :

La riforma di Servio Tullio, operata nel corso del VI secolo a.C., era volta a creare una divisione interna alla cittadinanza romana tra coloro che potevano prestare il servizio militare (obbligati ad armarsi a proprie spese e perciò chiamati adsidui[2]) e suddivisi a sua volta in cinque classi sulla base del censo,[1] e i cosiddetti proletarii o capite censi.[3][4][5] Questi ultimi erano coloro che possedevano meno di 11.000 assi, organizzati in una sola centuria, dispensata dall'assolvere agli obblighi militari, tranne nel caso in cui non vi fossero particolari pericoli per la città di Roma. In quest'ultimo caso erano anch'essi armati a spese dello Stato, servendo in formazioni speciali estranee all'ordinamento legionario.[6] Il significato latino del termine proletarius nasce da una condizione di povertà tale che non era possibile dare contributi allo stato, all'infuori dei loro stessi figli (proles).



Al termine della seconda guerra punica (218-202 a.C.) vi fu una nuova riduzione del censo minimo richiesto per passare dalla condizione di proletarii (o capite censi) ad adsidui, ovvero per prestare il servizio militare all'interno delle cinque classi, come aveva stabilito nel VI secolo a.C., Servio Tullio. Si era, infatti, passati nel corso di tre secoli da un censo minimo di 11.000 assi[7] ai 4.000[8] (= 400 dracme argentee descritte da Polibio alla fine del III secolo a.C.[9] fino ai 1.500 assi riportati da Cicerone,[10] a testimonianza di una lenta e graduale proletarizzazione dell'esercito romano, alla continua ricerca di armati, in funzione delle nuove conquiste nel Mediterraneo.





sportula 1 (sf.) 1 Dono che veniva fatto nel medioevo ai giudici e al personale subalterno dei tribunali per i singoli atti del processo. 2 Nell'antica Roma, elargizione in natura e, in seguito, in denaro, fatta dal patrono al proprio cliente quotidianamente.



Latifondo Ampia proprietà fondiaria coltivata estensivamente. Il latifondo fu un fenomeno solitamente associato a una certa arretratezza sociale ed economica: i grandi proprietari terrieri infatti erano generalmente membri di una classe tanto ricca quanto assenteista, poco incline a investire in innovazioni e tecnologia e interessata invece allo sfruttamento di una manodopera servile o comunque malpagata e sottomessa.

Il mondo romano



Anteprima della sezione

Dal II secolo a.C., quando ebbe inizio la distribuzione dell'ager publicus, fino a tutto il I secolo d.C. l'agricoltura romana ebbe al suo centro (in Italia e poi nelle province, anche se in certe zone il latifondo già si diffondeva, come dimostrano tra l'altro le volontà riformistiche di Tiberio Sempronio Gracco e del fratello Caio) il sistema della villa schiavistica, di dimensioni abbastanza contenute, secondo i precetti del De agri cultura di Catone il Censore; l'abbondante produzione di vino e olio fece la fortuna dei proprietari terrieri, che non seppero resistere alla tentazione di annettere al proprio altri terreni limitrofi, creando così veri e propri latifondi. Il fenomeno si accrebbe soprattutto a partire dal II secolo d.C., ma doveva presentare un preoccupante rilievo già nella seconda metà del secolo precedente se Plinio il Vecchio sosteneva che 'i latifondi avevano rovinato l'Italia'.



Le maggiori dimensioni rispetto a quelle dell'efficiente villa schiavistica imponevano l'aumento della manodopera, cosa assai difficile in una fase calante del mercato degli schiavi, sempre meno numerosi e più costosi a causa dell'assenza di guerre di conquista. Fu dunque necessario da un lato incrementare la pastorizia e privilegiare alcune forme di coltura estensiva poco redditizie, dall'altro affidare il lavoro agricolo a famiglie di affittuari liberi (coloni), vincolati da un contratto analogo a quello della moderna mezzadria; ciò provocò non poco danno all'economia di scambio, poiché la produzione fondiaria non serviva più ad alimentare i mercati, ma alla sopravvivenza dei coloni e al pagamento di una rendita al proprietario terriero.



Con la tarda età imperiale (III-V secolo d.C.) i latifondisti accrebbero il loro potere, arrivando a gestire le loro proprietà – in certe fasi di anarchia politica – in assoluto disprezzo del controllo statale, anticipando quasi alcuni aspetti della società feudale; contemporaneamente i coloni, sempre più sfruttati e impoveriti, assumevano le caratteristiche dei servi della gleba d'epoca medievale.


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