OMERO, La morte di Patroclo
Libri XVI, XVII
Presentazione :
Patroclo è il protagonista dei libri XVI e XVII dell’Iliade. Ettore sta per dare fuoco alle navi degli Achei. Patroclo (soldato acheo) chiede all’amico Achille di scendere in campo con le sue armi per allontanare i Troiani. Respinge i nemici dalle navi e fa strage, ma Apollo lo colpisce alle spalle, gli fa cadere le armi e lo lascia ai colpi di Ettore che lo uccide con la sua lancia (lunga asta con la punta di bronzo. Prima di morire, Patroclo dice a Ettore che sarà ucciso da Achille.
Testo non semplificato (con le note)
Appena i Troiani videro il prode figlio di Menezio (1),
lui e lo scudiero (2), risplendenti nelle loro armi,
tremò il cuore a tutti,oscillarono (3) le file,
pensando che presso le navi il Pelide (4) veloce
avesse deposto lo sdegno e ritrovata l’intesa:
si studiava ognuno da che parte sfuggire a morte immediata .
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Li ricacciò dalle navi,spense il fuoco che divampava.
La nave restò lì semibruciata; batterono in ritirata
i Teucri (5) in un frastuono terribile……………….
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Ettore lasciava stare tutti gli altri Danai (6), non li uccideva:
su Patroclo solo avventava i cavalli dall’unghie robuste (7).
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Fin quando il sole si mantenne intorno alla metà del cielo,
i dardi (8) di entrambi colpivano e la gente moriva;
ma quando il sole si volse verso il tramonto,
prevalsero allora gli Achei, contro il destino.
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Patroclo balzò sui troiani, meditando la rovina.
Andò all’assalto tre volte di seguito, pari al rapido Ares (9),
lanciando urla paurose, nove uomini uccise ogni volta.
Ma quando la quarta volta si scagliò simile a un demone (10)
allora per te, Patroclo, era la fine della tua vita:
gli si contrappose Febo (11) in dura battaglia,
tremendo, ma non lo vide venire in mezzo alla mischia (12):
S’era fatto avanti avvolto da fitta nebbia;
si fermò dietro di lui, gli percosse la schiena e le larghe spalle
a mano aperta, gli si stravolsero (13) gli occhi .
Febo Apollo gli gettò l’elmo giù dalla testa:
rimbombò rotolando sotto ai piedi dei cavalli
l’elmo dall’alto cimiero (14), s’insozzò (15) la criniera
di sangue e di polvere; mai prima era stato possibile
che quell’elmo chiomato si sporcasse nella polvere,
aveva invece protetto la bella fronte, la testa di un uomo divino,
di Achille, ma quel giorno Zeus concesse ad Ettore
di portarlo sulla testa, tanto la morte gli era vicina.
Gli si frantumò tutta tra le mani la sua lunga lancia,
pesante, grande, robusta, armata di bronzo, dalle spalle
gli cadde a terra con tutta la cinghia lo scudo ricco di frange.
Gli sciolse poi la corazza Apollo sovrano, figlio di Zeus.
Gli invase il petto uno stordimento (16), le gambe robuste cedettero,
restò come attonito (17); dietro, alla schiena, tra le due spalle,
con l’asta puntuta lo colpì da vicino uno dei Dardani,
Euforbo, figlio di Pantoo, che superava tutti i coetanei
per lancia, piedi veloci e guida di cavalli..
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Appena Ettore vide che il valoroso Patroclo
retrocedeva (18) colpito dal bronzo affilato,
gli venne vicino attraverso le schiere,lo ferì con la lancia
al basso ventre, e spinse a fondo il bronzo:
cadde in un tonfo (19), dando molto dolore al popolo acheo;
come quando un leone batte allo scontro un cinghiale indomabile,
le due belve ( 20) lottano con furia sulla cima d’un monte ,
intorno a una piccola fonte, perché entrambe vogliono bere;
alla fine il leone l’atterra di forza tutto ansimante;
così da vicino, Ettore Priamide (21) tolse la vita con l’asta
al forte figlio di Menezio, che tanti ne aveva uccisi,
e a lui , vantandosi diceva parole che volano.
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E tu allo stremo delle forze (22), rispondevi a lui Patroclo cavaliere:
“Adesso, Ettore, vantati (23) pure : t’hanno dato vittoria
Zeus Cronide e Apollo, che m’hanno abbattuto senza fatica;
m’hanno tolto loro le armi.
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Ma un’altra cosa ti dico, e tu mettila in mente:
non avrai nemmeno tu molto da vivere,
ma già ti è addosso la morte e il duro destino
di cadere sotto i colpi di Achille, l’infallibile Eacide”.
Mentre così gli diceva, l’ora della morte lo avvolse:
l’anima volò via dalle membra, e se ne scese nell’Ade (24),
rimpiangendo (25) il proprio destino, lasciando la forza e la giovinezza.