Materie plastiche
1 INTRODUZIONE
Materie plastiche Materiali polimerici costituiti in genere da macromolecole organiche, caratterizzati dalla possibilità di essere modellati in qualsiasi forma, quando si trovano allo stato plastico; vengono lavorati mediante procedimenti vari, generalmente a caldo.
Le unità di base della materie plastiche, cioè i polimeri, possono essere naturali (come la cellulosa, la cera e la gomma naturale), artificiali, cioè costituiti da polimeri naturali modificati (come l’acetato di cellulosa e il cloridrato di caucciù) o sintetici, cioè prodotti mediante reazioni chimiche di sintesi o di addizione (come il nylon, il politene ecc.). I materiali iniziali sono resine sotto forma di granulati, polveri o soluzioni, dai quali si formano le materie plastiche finite.
Le materie plastiche sono caratterizzate da un alto rapporto resistenza-densità, un’eccellente proprietà di isolamento termico, elettrico e acustico, e una buona resistenza ad acidi, alcali e solventi. Le macromolecole dalle quali sono costituite possono essere lineari, ramificate o reticolate; nei primi due casi esse sono termoplastiche, cioè rammolliscono quando vengono riscaldate, mentre nell’ultimo caso sono termoindurenti, cioè induriscono in seguito a innalzamenti della temperatura.
2 CENNI STORICI
Lo sviluppo delle materie plastiche iniziò intorno al 1860, quando la fabbrica statunitense Phelan & Collander, produttrice di biliardi e palle da biliardo, offrì un premio di 10.000 dollari a chi avesse proposto un sostituto soddisfacente dell’avorio. L’inventore statunitense John Wesley Hyatt sviluppò un metodo per la lavorazione a pressione della pirossilina, una nitrocellulosa a bassa nitrazione plastificata con canfora e con una ridotta quantità di solvente alcolico. Hyatt non riuscì a vincere il premio, ma il suo prodotto, brevettato come celluloide, trovò un’ampia diffusione e venne usato nella fabbricazione di svariati tipi di oggetti, dalle dentiere ai colletti per camicia. Nonostante fosse facilmente infiammabile e soggetta a deterioramento se esposta alla luce, la celluloide raggiunse un notevole successo commerciale.
Nei decenni successivi vennero introdotte altre materie plastiche, tra le quali le prime di tipo interamente sintetico, dette resine fenoliche o fenoplasti, ottenute dal chimico belga-statunitense Leo Hendrik Baekeland nel 1909 e commercializzate con il nome di bachelite. Durante lo stesso periodo, vennero introdotti i polimeri sintetici come il rayon, prodotto dai derivati della cellulosa.
2.1 Sviluppi della chimica delle materie plastiche
Nel 1920 si verificò un avvenimento che determinò il futuro sviluppo delle materie plastiche. Il chimico tedesco Hermann Staudinger ipotizzò che esse fossero polimeri costituiti da macromolecole: i conseguenti sforzi per provare questa affermazione diedero un notevole impulso alla ricerca scientifica che giunse a risultati importanti. Negli anni Venti e Trenta furono introdotti molti nuovi materiali, tra cui il cloruro di polivinile (PVC), usato per produrre tubi, pannelli di rivestimento e guaine isolanti per cavi elettrici, e le resine ureiche, usate per produrre vasellame e per applicazioni elettriche.
Una della materie plastiche più conosciute tra quelle che vennero sviluppate in questo periodo è il metilmetacrilato polimerizzato, brevettato in Gran Bretagna come perspex e noto anche come plexiglas o lucite. Questo materiale ha eccellenti proprietà ottiche ed è adatto per produrre lenti da occhiali, obiettivi fotografici e materiale per l’illuminazione stradale e pubblicitaria.
Le resine polistireniche, derivate dal polistirene o polistirolo, prodotto commercialmente per la prima volta intorno al 1937, sono caratterizzate da alta resistenza all’alterazione chimica e meccanica a basse temperature e dall’assorbimento contenuto di acqua. Queste proprietà le rendono particolarmente adatte soprattutto per la produzione di materiale per l’isolamento dalle frequenze radio e per accessori di apparecchi, macchine e strumenti usati in condizioni di basse temperature, come gli impianti di refrigerazione e gli aeroplani progettati per voli ad alta quota.
Il politetrafluoroetilene (PTFE), apparso nel 1938, fu brevettato come Teflon® nel 1950 e quindi commercializzato con questo nome. Molto importante, durante gli anni Trenta, fu inoltre la sintesi del nylon, la prima materia plastica usata nell’ingegneria.
2.2 La seconda guerra mondiale
Durante la seconda guerra mondiale le nazioni belligeranti dovettero fronteggiare la scarsità di materie prime. L’industria della materie plastiche trasse da questa circostanza un impulso considerevole, divenendo una ricca fonte di sostituti: la Germania, ad esempio, iniziò un importante programma che portò allo sviluppo di una gomma sintetica, mentre negli Stati Uniti il nylon divenne la principale fonte di fibre tessili, i poliesteri furono usati nella fabbricazione di blindati e di altro materiale bellico, e vennero prodotti vari tipi di gomma sintetica.
2.3 Il boom del dopoguerra
Lo slancio scientifico e tecnologico nell’industria delle materie plastiche continuò nel dopoguerra. Di particolare interesse furono i progressi dei materiali da costruzione come i policarbonati, gli acetati e i poliammidi; altri materiali sintetici vennero usati al posto di quelli metallici in macchinari, caschi protettivi, dispositivi utilizzabili in condizioni di alte temperature ecc. Nel 1953 il chimico tedesco Karl Ziegler introdusse il polietene, originariamente noto come polietilene (PE), e l’anno successivo il chimico italiano Giulio Natta sviluppò il polipropene, o polipropilene (PP), isotattico, brevettato e commercializzato come moplen; nel 1963 Ziegler e Natta ottennero il premio Nobel per la chimica per i loro studi sui polimeri.
3 TIPI DI MATERIE PLASTICHE
Le materie plastiche possono essere classificate secondo il processo di polimerizzazione, la lavorabilità e la natura chimica.
3.1 Polimerizzazione
I due processi base di polimerizzazione sono le reazioni di condensazione e le reazioni di addizione. Le prime producono piccole molecole di sottoprodotti come l’acqua, l’ammoniaca e il glicole, mentre le seconde non generano sottoprodotti. Polimeri tipici ottenuti per condensazione sono nylon, poliuretani e poliesteri; per addizione, invece, si producono polietene, polipropene e polistirene. Il peso molecolare medio per i polimeri da addizione è generalmente maggiore di quello dei polimeri da condensazione.
3.2 Lavorabilità
La lavorabilità è diversa per materie termoplastiche e termoindurenti. Le termoplastiche (e le termoindurenti leggermente reticolate) sono fusibili: rammolliscono quando vengono riscaldate e induriscono per raffreddamento; la maggior parte delle materie termoindurenti, invece, indurisce in modo irreversibile quando viene riscaldata.
3.3 Natura chimica
La natura chimica di un materiale plastico viene definita in base al monomero, cioè all’unità di ripetizione, che costruisce la catena del polimero: ad esempio, le poliolefine sono costituite da monomeri di olefine, che sono idrocarburi a catena aperta con almeno un doppio legame. Il polietene è una poliolefina che ha come unità monomerica l’etene. Altre categorie sono gli acrilici (come il polimetilmetacrilato), gli stireni (come il polistirene), gli alogenuri di vinile (come il cloruro di polivinile), i poliesteri, i poliuretani, i poliammidi (come il nylon), i polieteri e le resine gliacetaliche, fenoliche, cellulosiche e amminiche.
3.4 Materie prime
Originariamente molte materie plastiche venivano prodotte con resine di origine vegetale, ad esempio la cellulosa (dal cotone), il furfurale (dalle glumette d’avena), gli oli (dai semi di alcune piante), i derivati dell’amido e il carbone; tra i materiali non vegetali usati è invece da citare la caseina (dal latte). Sebbene la produzione di nylon fosse basata in origine su carbone, acqua e aria, e il nylon 11 sia ancora basato sull’olio estratto dai semi di ricino, la maggior parte delle materie plastiche è attualmente derivata dai prodotti petrolchimici, facilmente utilizzabile e poco costosa. Tuttavia, poiché la riserva mondiale di petrolio è limitata, si stanno sperimentando nuove tecniche basate sull’uso di altre materie prime, come la gassificazione del carbone.
3.5 Additivi
Gli additivi chimici vengono spesso usati nelle materie plastiche per conferire loro alcune particolari caratteristiche: ad esempio, gli antiossidanti proteggono il polimero dalla degradazione chimica causata dall’ossigeno o dall’ozono; allo stesso modo gli stabilizzatori ultravioletti lo proteggono dall’azione degli agenti atmosferici. I plastificanti rendono il polimero più flessibile; i lubrificanti riducono i problemi dovuti all’attrito e i pigmenti conferiscono il colore. Gli antifiamma e gli antistatici sono tra gli altri additivi più usati.
Molte delle materie plastiche sono impiegate nella produzione dei cosiddetti materiali compositi, nei quali il materiale rinforzante, di solito fibre di vetro o di carbonio, viene aggiunto a una base di materia plastica. I materiali compositi possiedono resistenza e stabilità paragonabili a quelle dei metalli, ma hanno generalmente un peso inferiore.
3.6 Formatura
I processi di formatura più comuni sono lo stampaggio e l’estrusione. Nello stampaggio soffiato a iniezione, usato per produrre bottiglie e oggetti cavi delle forme più varie, il materiale allo stato fuso viene iniettato in uno stampo e soffiato internamente, in modo che si espanda fino ad appoggiarsi su tutta la parete interna dello stampo stesso, assumendone la forma. Nello stampaggio a pressione, usato per produrre oggetti cavi svasati o pieni, il materiale fuso viene compresso fra uno stampo e un controstampo. Alcune materie plastiche, in