H TROVATO QUESTO:
“Sono stato molte volte infelice nella mia vita, da bambino, da ragazzo, da giovane, da uomo fatto; […] Ricordo tuttavia pochi periodi più neri, per me, dei mesi di scuola fra l’ottobre del 1929 e il giugno del ’30, quando facevo la prima liceo. […] Fin dai primi giorni mi ero sentito spaesato… […] Non mi piaceva l’aula dove ci avevano messi, posta a termine di un tetro corridoio […] Non mi piacevano i nuovi insegnanti, dai modi distaccati e ironici che scoraggiavano ogni confidenza […]. Non mi piacevano i nuovi compagni provenienti dalla quinta A ai quali noi della B eravamo stati aggiunti, diversissimi da noi, mi pareva, forse più bravi, più belli, appartenenti forse a famiglie miglior delle nostre: estranei, insomma, irrimediabilmente.”
Incomincia così Dietro la porta di Giorgio Bassani (ed. Mondadori 1995), il quarto libro del Romanzo di Ferrara, quello in cui si racconta un intero anno scolastico, dall’inizio alla fine: il titolo si riferisce al dialogo che l’io narrante (lo stesso Bassani) ascolta, non visto, mentre i suoi migliori amici ne dicono di cotte di crude sul suo conto.
Ed ecco spiegata la malinconia, il disagio, l’insofferenza illustrata con le prime battute del romanzo, scritto in flashback, insieme a tutte le altre circostanze che segnano in negativo l’inizio di questo anno scolastico: fra le altre, la perdita del compagno di banco ed amico-complice-sostegno di sempre: Otello, bocciato curiosamente in una sola materia, la lingua inglese, che per quei tempi e per un liceo classico non rivestiva certo un ruolo di primissimo piano.
A proposito di insofferenza, state a sentire: “Mi avevano sbattuto fuori. Dopo Natale non dovevo più tornare, perché avevo fatto fiasco in quattro materie e non mi applicavo e le solite storie. Mi avevano avvertito tante volte di mettermi a studiare – specie a metà trimestre, quando i miei erano venuti a parlare col vecchio Thurmer – ma io niente. Sicchè mi avevano liquidato. A Pencey succede spessissimo che liquidino qualcuno. E’ una scuola ad alto livello, Pencey. Altroché.”
E’ Holden Caulfield che parla: Il Giovane Holden (ed. Einaudi 1961). Lui non racconta qui i suoi trascorsi scolastici, anzi l’impressione che vuole dare è proprio di totale strafottenza, di assoluta noncuranza e di superiorità : lui della scuola in un certo senso ha scelto di non fare più parte.
Anche se non ce lo dice a chiare lettere, è quello che vuol farci credere. Incredibile come un romanzo di cinquant’anni fa (Jerome David Salinger lo ha pubblicato nel 1951) sembri scritto ieri l’altro; e da un ragazzo, mentre l’autore al tempo era oltre la trentina.
Del resto “[…] non è “naturale” che i giovani stiano bene a scuola: è, anzi, inevitabile che una certa parte ne soffra. […] E’ per questo che la preparazione della ripresa scolastica, l’accoglienza degli studenti mi sembrano molto importanti.[…] Innanzi tutto io cerco appunto di far sentire agli studenti che essi erano attesi, che la loro venuta era stata preparata. Appena percepiscono questo, emettono un “oh” collettivo, una ola di soddisfazione. […] Riceverli significa questo: dire loro che sono belli, interessanti, che valeva la pena tornare dalle vacanze per conoscerli. Quelli delle prime scientifiche sono sempre molto contenti quando si nota che sono puliti (e si spera che lo restino). Con quelli dell’ultimo anno sarebbe meglio notare che sono abbronzati ma soprattutto evitare di dire che sono cresciuti durante le vacanze: sarebbe un’orribile e imperdonabile mancanza di buon gusto.
Così parla Marguerite Gentzbittel, per anni preside del liceo Fénelon a Parigi, che nel suo libro Dalla parte degli studenti (ed. Erickson 1997) descrive il suo rapporto con loro, narrandone con simpatia e partecipazione le vicende all’interno della scuola ed evidenziando le diverse tipologie di appartenenza: troviamo così i secchioni, quelli pieni di complessi, gli arroganti, quelli perennemente in ritardo, gli/le anoressici/che, i bulli e così via.
E concludiamo rimanendo, come per Bassani, nell’ambito dei Ricordi di scuola: quelli di Giovanni Mosca (ed. Rizzoli 1939), che inizia così il suo libro: “Siete mai tornati, da grandi, nella vostra antica scuola elementare? Io sì, la rividi, […]: la bibliotechina, il salone, i maestri… La bibliotechina: sempre la stessa, con gli stessi libri […]: “Ida Baccini – Tonino in calzoni lunghi”, “Emma Perodi – Le novelle della nonna”; […] “Epaminonda Provaglio – Frullino, ovvero la Trottola meravigliosa”. Libri mai letti, sempre desiderati, ma venivano dati in lettura solo ai più bravi, e io non ho mai potuto sapere chi fosse Frullino, e cosa facesse con quella sua trottola meravigliosa.”
Rimpianti che non si scordano mai.
X SAPERNE DI + VAI QUI: http://www.violettanet.it/poesiealtro_autori/BASSANI_1.htm
UN BACIONE MARTY